Friday, February 7, 2014

Il Partito Invisibile.

Scrivo questo post per annotare le mie riflessioni dopo la lettura dell' articolo di Magris pubblicato ieri sul corriere (http://www.corriere.it/cultura/14_febbraio_06/su-facebook-mia-insaputa-non-ci-sto-9227b0cc-8f04-11e3-8c4a-c355fa4079e9.shtml) riguardo alla libertà di non conformarsi, e la non-libertà di essere liberi.

Ieri mentre sfogliavo i post dei miei contatti sulla mia homepage di Facebook, più per distrarmi dallo studio che per genuino interesse, mi sono soffermato su delle particolari foto dela mia cugina diciottenne, che mi hanno fatto nostalgicamente tornare per un attimo a quando anche io avevo quell'età. Certo, I social network non erano ancora (anche se non mancava molto) stati concepiti quindi non è un periodo molto documentato, e le serate non venivano condivise in rete. Ma allora io che facevo durante il tempo che ora dedico a facebook?

Così, improvvisamente, mi sono reso conto del peso che essi hanno assunto nella nostra vita.

Quotidianamente, da qualche anno dedichiamo un pò del nostro tempo, chi minuti e chi ore, una o più volte nell'arco della giornata, a "controllare facebook".
Da un utile strumento per mantenere  contatti, alternativa ad email e telefono, è diventato una piattaforma per conoscere nuove persone, una piazza virtuale, dove ognuno è tenuto a dare un'immagine di sè, che viene definita dal materiale che pubblica e dai suoi status personali, ed allo stesso tempo può ricevere una visione, altrettanto edulcorata, della vita degli altri, amici, conoscenti, lontani parenti.
Si è convertito inoltre un potentissimo strumento commerciale, nel contesto una società sempre più virtuale e "social" dove si vendono i "like" a peso d'oro, e il digital marketing è il nuovo modello di business.Le dinamiche di questo servizio si sono quindi evolute, fino a diventare molto complesse e a marcare le nostre relazioni sociali, intaccando profondamente la nostra percezione della realtà.

Già, perchè quando sei annoiato e ti connetti su facebook, e ti ritrovi mezz'ora più tardi a sfogliare le foto delle vacanze in Nepal di un amico che non vedi da otto anni, qualche domanda te la fai. Quando ti scopri ad essere invidioso per quella che sembra essere la "vita stupenda" che alcuni contatti si dipingono, o per la stupidità di molti post che appaiono beffardi nella tua pagina oppure ancora l'onnipresente pubblicità ti schifa, ti dici: ma perchè mai perdo tempo a guardare foto e commentare fatti di cui fino ad un secondo fa mi disinteressavo completamente, e di cui tra un momento mi dimenticherò? Ci troviamo ad avere informazioni dettagliate su persone che non incontriamo che in rare occasioni e a volte, dopo aver partorito un post, ci coglie la frenesia di vedere quenti like o commenti ha raccolto. E' un pò come la coca-cola: non ne hai bisogno e non è poi cosi buona, ma una volta che cominci a berla non ne puoi più fare a meno. 

Certo questi esempi sono forse estremi, e Facebook non è ne più ne meno che il riflesso della società in cui viviamo, ma a volte è solo guardandoci allo specchio che ci accorgiamo di cosa stiamo diventando.
A quanto pare ci stiamo lentamente assuefacendo ad una realtà cibernetica, che ci impone silenziosamente codici comportamentali ben definiti, e ci raggruppa rendendoci un facile bersaglio per chi vuole veicolare valori ed informazioni, nonchè facili prede per la massiccia e temibile macchina del Consumismo.
Chi ne rimane fuori è perduto, e rischierebbe di perdere il treno della mondanità informatica. Ma non è forse vero che oltre le colonne d'Ercole Cristoforo Colombo ha trovato non la fine di un mondo bensì l'inizio di un altro?

Il social network non è che uno strumento, che però avvicina alla portata del mio occhio temi più vasti, che Magris riassume con questa frase che mi ha molto colpito: "Forse il meccanismo del mondo è essenzialmente un congegno escogitato per impedire alla gente di andare a spasso, così, senza meta, come i cani per le strade di Parigi " E mi ha fatto pensare a come, anche dove potremmo farne a meno, tendiamo ad uniformarci cercando l'approvazione della massa, forse volendo dare così un senso a ciò che facciamo. 




No comments:

Post a Comment